EPILOGO STORICO

23.04.2025


Nonostante le vicende di questo libro siano frutto della fantasia, la maggior parte delle informazioni sullo sfondo si basa su fatti reali, anche se molti di essi sono ancora tema di ampio dibattito.

Troviamo molto facile parlare di Madre Terra e Madre Natura, ma ci rimane difficile accettare il fatto che la Donna, sia stata creata ad immagine e somiglianza della nostra Madre Terra, che anch'essa come la Madre Terra, dona la vita nel suo piccolo grembo, la custodisce, la preserva e la partorisce. Un tempo era facile e naturale adorare la Donna come fosse la Dea Madre, il Divino Femminino.

Concepire la divinità della donna fu una conseguenza della naturale osservazione della vita: la donna partoriva i figli, quindi da ella veniva la vita. Si provava addirittura soggezione di fronte al fatto che la donna potesse partorire con dolore e dimenticare un istante dopo il parto il dolore provato.

Cosa ne fu poi della Donna Déa?

Nel corso di questo libro, che nasce dal mio profondo desiderio di comunicare un risveglio interiore durato decenni, cerco di ripercorrere un antico sentiero sepolto dalla storia e dall'ignoranza.

La guerra di Canaan, la guerra di Mosè verso una terra promessa fatta di latte e di miele, verso un territorio abitato da un popolo pacifico che non aveva commesso alcun atto ostile, fu una guerra, ratificata da un Dio Padre.

E la dea Madre?

Nel Deuteronomio al cap. 7 si dice che gli israeliti venivano istruiti a sconfiggere e sterminare la popolazione che risiedeva nel territorio di Canaan, a non mostrare alcuna pietà, a non unirsi in matrimonio né a stipulare alcun accordo con i popoli residenti prima di loro in quel territorio. Dovevano distruggere gli altari dei loro nemici, tagliarne i boschi sacri e bruciare le immagini scolpite.

Il primo dei dieci comandamenti dati da IHVH a Mosé dice: «Io Sono il Signore Dio tuo. Non avrai altro dio all'infuori di me.»

Nel contesto dei tempi antichi, si trattava di un Dio diverso da tutte le divinità che lo avevano preceduto. Non aveva alcun bisogno di una moglie o di una compagna e non c'era alcun matrimonio sacro. Egli creava tutto, tramite la sua parola. Le donne e la Dea Madre vennero cooptate e si persero nei meandri del patriarcato.

La Terra Promessa, prima di essere la terra di Mosé e del suo popolo, in realtà, era stata una terra abitata da altre genti che adoravano una Dea Madre, la dea Ishtar.

Il culto della Dea Madre, accanto al Dio Padre, era diffuso in tutta la Mesopotamia e nell'Antico Egitto. La figura di Ishtar si trova connessa con molte altre divinità, Anat la dea cananea, Aruru la dea sumera, Astarte la grande madre fenicia e greca, Athtar nell'Arabia Meridionale, Astar nell'Abissinia, Atagartis in Siria e Isis in Egitto.

Il concetto della Dea Madre generatrice e dispensatrice di ogni cosa, era legato al ciclo stesso della vita, che ruotava intorno ai mesi lunari dell'anno.

Il concetto del Dio Padre era espresso nella mitologia della morte del Sole e della sua risurrezione dopo tre giorni e tre notti: nel giorno più corto dell'anno, il solstizio invernale che cade intorno al 21 dicembre, il sole tocca il punto più basso rispetto all'orizzonte. In termini astronomici, in questo periodo, il sole inverte il proprio moto nel senso della "declinazione", raggiungendo il punto di massima distanza dall'equatore. La notte raggiunge la massima estensione. Il giorno raggiunge la minima estensione.

Il termine solstizio deriva dal latino solstitium, che significa "sole fermo", da sol "sole" e sistere "stare fermo".

Il 25 dicembre la durata del giorno rispetto alla notte e l'altezza del sole nel cielo, ricominciano a crescere in modo evidente. Il sole sembra rinascere!

Per le popolazioni antiche, questo evento astronomico era visto come un rinnovamento della luce, la possibilità di sopravvivere grazie alla presenza del Sole, del Dio-Sole, partorito dalla Grande Dea Madre, perché appariva risorgere all'orizzonte, dal grembo della terra.

Questa mitologia prese varie forme religiose: Horus, viene partorito dalla vergine Iside miracolosamente fecondata dal dio Osiride, Thammuz viene partorito da Ishtar miracolosamente fecondata da Shamash, Mithra viene partorito da Anahita miracolosamente fecondata da Ariman e cosi via.

La tradizione della nascita del Dio-Sole, propria delle popolazioni antiche fece il suo ingresso presso gli antichi romani nella forma del culto di Mithra e divenne presto la festa del Sol Invictus, la festa del Sole.

Quando il cristianesimo iniziò a diffondersi con le altre culture che erano quotidianamente presenti nella vita degli antichi romani, esso dovette fare i conti con una tradizione molto radicata.

La Chiesa tentò di "appropriarsi" della festa del Sole, proponendo un Gesù Cristo, un Unico Sole Divino, nato di notte da una vergine.

Questo accomodamento contribuì a determinare una modificazione della teologia cristiana iniziale, attribuendo al Maestro Gesù, il ruolo di Dio sceso in Terra e della conseguente "divinizzazione" di un uomo che aveva fatto della sua vita il suo stesso insegnamento.

Gli imperatori Costantino Augusto e Licinio Augusto, nel 313 d.C. esposero un rescritto il cui preambolo così stabiliva:

"Noi, dunque Costantino Augusto e Licinio Augusto, essendoci incontrati proficuamente a Milano e avendo discusso tutti gli argomenti relativi alla pubblica utilità e sicurezza, fra le disposizioni che vedevamo utili a molte persone o da mettere in atto fra le prime, abbiamo posto queste relative al culto della divinità affinché sia consentito ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità."

Volendo ufficializzare il cristianesimo si raggiunse il risultato opposto. Invece di cristianizzare il paganesimo, venne paganizzato il cristianesimo.

Il cristianesimo arrivato a Roma non prevedeva alcun tipo di devozione nei confronti della Dea Madre. Al contrario si adorava esclusivamente il Dio Padre, cancellando completamente il ruolo della donna e privandola persino di uno status che le era sempre stato affidato, quello di sacerdotessa.

Nel 325 la Chiesa, con il Concilio di Nicea, decretò che nessun uomo potesse sposarsi dopo la sua ordinazione, attribuendo in questo modo solamente al Sacerdote la funzione di Salvatore delle anime.

Nel 385 papa Siricio aggiunse che, dopo la sua ordinazione l'uomo che fosse stato sposato, non avrebbe più potuto dormire con la sua donna.

Il culto della Dea Madre era insito nella tradizione di molti popoli compreso quello romano, che riconosceva e non reprimeva alcun tipo di venerazione, compresa quello della dea Iside che era definita la "Vergine".

La dea Iside rappresentava la notte. Per questo motivo molte statue erano nere. Sui resti di molti templi dedicati alla dea Iside, vennero presto costruite chiese dedicate alla Madonna Nera che prese il posto della dea alata egizia. Pian piano le statue nere vennero distrutte per cancellare l'origine pagana delle tradizioni cristiane e sostituite da statue di bianco marmo.

La chiesa cattolica, nel corso dei secoli, pur consapevole della sua origine pagana, iniziò ad elaborare una "teologia mariana" fondata sulla divinizzazione di Maria, Madre del Cristo.

Le feste dedicate alla Madonna sono la trasformazione di antiche feste dedicate alle Madonne pagane di Ishtar, Iside, Inanna e così via.

Nel 431 d.C. il Concilio di Efeso reintrodusse ufficialmente nella chiesa cristiana il culto della Dea Madre, che fecondata miracolosamente da un Dio Padre, fa nascere un essere divino. Maria venne proclamata "Madre di Dio", Madre del Sole incarnato, del Sol Invictus.

Nel 649 papa Martino I dichiarò il dogma della verginità di Maria. Per oltre 500 anni la Chiesa cattolica impose la propria supremazia spirituale anche con la violenza, eliminando ogni tipo di opposizione e ogni prova che riportasse la sua originarietà ai culti pagani egizi e orientali.

L'arroganza della chiesa cattolica era talmente sconfinata e violenta che non riusciva a comprendere il gesto che stava compiendo.

Nel 367 d.C. Atanasio, vescovo di Alessandria d'Egitto, decise che tutti i libri non approvati dalla chiesa dovessero essere dichiarati eretici e di conseguenza distrutti.

Tra il 1227 e il 1235 la chiesa instaurò l'Inquisizione contro le streghe e contro gli eretici.

Nel 1252 Papa Innocenzo IV autorizzò l'uso della tortura per estorcere confessioni da parte di donne che erano sospettate di stregoneria. Lo stesso Alessandro IV diede all'Inquisizione il potere di torturare e uccidere le donne accusate di stregoneria.

Nel 1484 Papa Innocenzo VII emise la bolla "Summis desiderantes affectibus" sulle streghe, per inquisire, torturare e giustiziare le donne accusate di stregoneria di tutta l'Europa.

Dal 1257 al 1816 l'Inquisizione torturò e bruciò sul rogo migliaia di donne innocenti, accusate ingiustamente di stregoneria. Vennero giudicate in segreto, torturate e condannate senza un processo. Spesso confessavano un peccato non commesso, in preda alla disperazione ed al dolore provocato dalle insopportabili torture. Se non confessavano il peccato venivano considerate eretiche e arse vive.

Nel 1486 due inquisitori domenicani tedeschi, Heinrich Institoris e Jakob Sprenger pubblicarono un manuale, il Malleus maleficarum (Martello delle streghe), in cui vennero indicate le regole per la tortura e inquisizione delle donne, un'accozzaglia di credenze e superstizioni collegate alla loro teologia. In tutto questo periodo storico sono state uccise nove milioni di donne e bambine, violentate e torturare nel loro corpo e nella loro anima.

La donna era il bersaglio preferito, perché di essa si aveva timore. Si occupava della salute degli uomini e trasmetteva le tradizioni ai nuovi nati, incarnava la sovranità del principio femminile e rappresentava per la chiesa una minaccia che doveva essere eliminata.

Nel 1965 Papa Giovanni XXIII nominò la «Congregazione per la dottrina della Fede», che si arrogò il diritto di determinare ciò che era giusto e quello che non lo era.

Il Concilio di Trento dichiarò che il celibato e la verginità erano superiori al matrimonio. Finalmente, il 29 giugno 1995, nel giorno della solennità della Festa di San Pietro e Paolo nella Città di Roma, Papa Giovanni Paolo II, in occasione della IV Conferenza Mondiale sulla Donna, che si sarebbe tenuta a Pechino, si rivolse alle donne di tutto il mondo dicendo loro:

"Grazie a te, donna-madre,

che ti fai grembo dell'essere umano nella gioia e nel travaglio di un'esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.

Grazie a te, donna-sposa,

che unisci irrevocabilmente il tuo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita.

Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella,

che porti nel nucleo familiare e poi nel complesso della vita sociale, le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza.

Grazie a te, donna-lavoratrice,

impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l'indispensabile contributo che dai all'elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del «mistero», alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità.

Grazie a te, donna-consacrata,

che sull'esempio della più grande delle donne, la Madre del Cristo, del Verbo incarnato, ti apri con docilità e fedeltà all'amore di Dio, aiutando la Chiesa e l'intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta «sponsale», che esprime meravigliosamente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua creatura.

Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna!

Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani.

Ma il grazie non basta, lo so. Siamo purtroppo eredi di una storia di enormi condizionamenti che, in tutti i tempi e in ogni latitudine, hanno reso difficile il cammino della donna, misconosciuta nella sua dignità, travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in servitù. Ciò le ha impedito di essere fino in fondo se stessa, e ha impoverito l'intera umanità di autentiche ricchezze spirituali. Non sarebbe certamente facile additare precise responsabilità, considerando la forza delle sedimentazioni culturali che, lungo i secoli, hanno plasmato mentalità e istituzioni. Ma se in questo non sono mancate, specie in determinati contesti storici, responsabilità oggettive anche in non pochi figli della Chiesa, me ne dispiaccio sinceramente. Tale rammarico si traduca per tutta la Chiesa in un impegno di rinnovata fedeltà all'ispirazione evangelica, che proprio sul tema della liberazione delle donne da ogni forma di sopruso e di dominio, ha un messaggio di perenne attualità, sgorgante dall'atteggiamento stesso di Cristo. Egli, superando i canoni vigenti nella cultura del suo tempo, ebbe nei confronti delle donne un atteggiamento, di apertura, di rispetto, di accoglienza, di tenerezza. Onorava così nella donna la dignità che essa ha da sempre nel progetto e nell'amore di Dio. Guardando a Lui, sullo scorcio di questo secondo millennio, viene spontaneo di chiederci: quanto del suo messaggio è stato recepito e attuato?

Sì, è l'ora di guardare con il coraggio della memoria e il franco riconoscimento delle responsabilità alla lunga storia dell'umanità, a cui le donne hanno dato un contributo non inferiore a quello degli uomini, e il più delle volte in condizioni ben più disagiate. Penso, in particolare, alle donne che hanno amato la cultura e l'arte e vi si sono dedicate partendo da condizioni di svantaggio, escluse spesso da un'educazione paritaria, esposte alla sottovalutazione, al misconoscimento ed anche all'espropriazione del loro apporto intellettuale. Della molteplice opera delle donne nella storia, purtroppo, molto poco è rimasto di rilevabile con gli strumenti della storiografia scientifica. Per fortuna, se il tempo ne ha sepolto le tracce documentarie, non si può non avvertirne i flussi benefici nella linfa vitale che impasta l'essere delle generazioni che si sono avvicendate fino a noi. Rispetto a questa grande, immensa «tradizione» femminile, l'umanità ha un debito incalcolabile.

Quante donne sono state e sono tuttora valutate più per l'aspetto fisico che per la competenza, la professionalità, le opere dell'intelligenza, la ricchezza della loro sensibilità e, in definitiva, per la dignità stessa del loro essere!

E che dire poi degli ostacoli che, in tante parti del mondo, ancora impediscono alle donne il pieno inserimento nella vita sociale, politica ed economica? Basti pensare a come viene spesso penalizzato, più che gratificato, il dono della maternità, a cui pur deve l'umanità la sua stessa sopravvivenza. Certo molto ancora resta da fare perché 'essere donna e madre non comporti una discriminazione. È urgente ottenere dappertutto l'effettiva uguaglianza dei diritti della persone e dunque parità di salario rispetto a parità di lavoro, tutela della lavoratrice-madre, giuste progressioni nella carriera, uguaglianza fra i coniugi nel diritto di famiglia, il riconoscimento di tutto quando è legato ai diritti ed ai doveri del cittadino in regime democratico.

Si tratta di un atto di giustizia, ma anche di una necessità. I gravi problemi sul tappeto vedranno, nella politica del futuro, sempre maggiormente coinvolta la donna: tempo libero, qualità della vita, migrazioni, servizi sociali, eutanasia, droga, sanità e assistenza, ecologia, ecc. Per tutti questi campi, una maggiore presenza sociale della donna si rivelerà preziosa, perché contribuirà a far esplodere le contraddizioni di una società organizzata su puri criteri di efficienza e produttività e costringerà a riformulare i sistemi a tutto vantaggio dei processi di umanizzazione che delineano la « civiltà dell'amore ».

Guardando poi a uno degli aspetti più delicati della situazione femminile nel mondo, come non ricordare la lunga e umiliante storia - per quanto spesso «sotterranea» - di soprusi perpetrati nei confronti delle donne nel campo della sessualità? Alle soglie del terzo millennio non possiamo restare impassibili e rassegnati di fronte a questo fenomeno. È ora di condannare con vigore, dando vita ad appropriati strumenti legislativi di difesa, le forme di violenza sessuale che non di rado hanno per oggetto le donne. In nome del rispetto della persona non possiamo altresì non denunciare la diffusa cultura edonistica e mercantile che promuove il sistematico sfruttamento della sessualità, inducendo anche ragazze in giovanissima età a cadere nei circuiti della corruzione e a prestarsi alla mercificazione del loro corpo.

A fronte di tali perversioni, quanto apprezzamento meritano invece le donne che, con eroico amore per la loro creatura, portano avanti una gravidanza legata all'ingiustizia di rapporti sessuali imposti con la forza; e ciò non solo nel quadro delle atrocità che purtroppo si verificano nei contesti di guerra ancora così frequenti nel mondo, ma anche con situazioni di benessere e di pace, viziate spesso da una cultura di permissivismo edonistico, in cui più facilmente prosperano anche tendenze di maschilismo aggressivo. In condizioni del genere, la scelta dell'aborto, che pur resta sempre un grave peccato, prima di essere una responsabilità da addossare alle donne, è un crimine da addebitare all'uomo e alla complicità dell'ambiente circostante.

Il mio grazie alle donne si fa pertanto appello accorato, perché da parte di tutti, e in particolare da parte degli Stati e delle istituzioni internazionali, si faccia quanto è necessario per restituire alle donne il pieno rispetto della loro dignità e del loro ruolo. In proposito non posso non manifestare la mia ammirazione per le donne di buona volontà che si sono dedicate a difendere la dignità della condizione femminile attraverso la conquista di fondamentali diritti sociali, economici e politici, e ne hanno preso coraggiosa iniziativa in tempi in cui questo loro impegno veniva considerato un atto di trasgressione, un segno di mancanza di femminilità, una manifestazione di esibizionismo, e magari un peccato! …

… Occorre proseguire in questo cammino! Sono convinto però che il segreto per percorrere speditamente la strada del pieno rispetto dell'identità femminile non passa solo per la denuncia, pur necessaria, delle discriminazioni e delle ingiustizie, ma anche e soprattutto per un fattivo quanto illuminato progetto di promozione, che riguardi tutti gli ambiti della vita femminile, a partire da una rinnovata e universale presa di coscienza della dignità della donna. Al riconoscimento di quest'ultima, nonostante i molteplicicondizionamenti storici, ci porta la ragione stessa, che coglie la legge di Dio inscritta nel cuore di ogni uomo. Ma è soprattutto la Parola di Dio che ci consente di individuare con chiarezza il radicale fondamento antropologico della dignità della donna, additandocelo nel disegno di Dio sull'umanità. Il Libro dellaGenesi parla della creazione in modo sintetico e con linguaggio poetico e simbolico, ma profondamente vero: «Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (Gn 1, 27). L'atto creativo di Dio si sviluppa secondo un preciso progetto. Innanzitutto, è detto che l'uomo è creato «ad immagine e somiglianza di Dio» (Gn 1, 26), espressione che chiarisce subito la peculiarità dell'uomo nell'insieme dell'opera della creazione. Si dice poi che egli, sin dall'inizio, è creato come «maschio e femmina» (Gn 1, 27).

La Scrittura stessa fornisce l'interpretazione di questo dato: l'uomo, pur trovandosi circondato dalle innumerevoli creature del mondo visibile, si rende conto di essere solo (cfr Gn 2, 20). Dio interviene per farlo uscire da tale situazione di solitudine: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (Gn 2, 18). Nella creazione della donna è inscritto, dunque, sin dall'inizio il principio dell'aiuto:aiuto - si badi bene - non unilaterale, ma reciproco.

La donna è il complemento dell'uomo, come l'uomo è il complemento della donna: donna e uomo sono tra loro complementari.

La femminilità realizza l' «umano» quanto la mascolinità, ma con una modulazione diversa e complementare.

Quando la Genesi parla di «aiuto», non si riferisce soltanto all'ambito dell'agire, ma anche a quello dell'essere.

Femminilità e mascolinità sono tra loro complementari non solo dal punto di vista fisico e psichico, ma ontologico. È soltanto grazie alla dualità del «maschile» e del «femminile» che l'«umano» si realizza appieno.

Dopo aver creato l'uomo maschio e femmina, Dio dice ad entrambi: «Riempite la terra e soggiogatela» (Gn 1, 28). Non conferisce loro soltanto il potere di procreare per perpetuare nel tempo ilgenere umano, ma affida loro anche la terra come compito, impegnandoli ad amministrarne le risorse con responsabilità. L'uomo, essere razionale e libero, è chiamato a trasformare il volto della terra.In questo compito, che in misura essenziale è opera di cultura, sia l'uomo che la donna hanno sin dall'inizio uguale responsabilità. Nella loro reciprocità sponsale e feconda, nel loro comune compito didominare e assoggettare la terra, la donna e l'uomo non riflettono un'uguaglianza statica e omologante, ma nemmeno una differenza abissale e inesorabilmente conflittuale: il loro rapporto più naturale, rispondente al disegno di Dio, è l'«unità dei due», ossia una «unidualità» relazionale, che consente a ciascuno di sentire il rapporto interpersonale e reciproco come un dono arricchente e responsabilizzante.

A questa «unità dei due» è affidata da Dio non soltanto l'opera della procreazione e la vita della famiglia, ma la costruzione stessa della storia. ….

… Voi vedete, dunque, carissime sorelle, quanti motivi ha la Chiesa per desiderare che, nella prossima Conferenza, promossa a Pechino dalle Nazioni Unite, si metta in luce la piena verità sulla donna. Si ponga davvero nel dovuto rilievo il «genio della donna», non tenendo conto soltanto delle donne grandi e famose vissute nel passato o nostre contemporanee, ma anche di quelle semplici, che esprimono il loro talento femminile a servizio degli altri nella normalità del quotidiano.

È infatti specialmente nel suo donarsi agli altri nella vita di ogni giorno che la donna coglie la vocazione profonda della propria vita, lei che forse ancor più dell'uomo vede l'uomo, perché lo vede con il cuore. Lo vede indipendentemente dai vari sistemi ideologici o politici. Lo vede nella sua grandezza e nei suoi limiti, e cerca di venirgli incontro e di essergli di aiuto. In questo modo, si realizza nella storia dell'umanità il fondamentale disegno del Creatore e viene alla luce incessantemente, nella varietà delle vocazioni, la bellezza - non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale - che Dio ha elargito sin dall'inizio alla creatura umana e specialmente alla donna."

L'essere umano è stato creato con la capacità di comprendere la propria sessualità e non di reprimerla. Questo per la chiesa era un male, era un atto perverso e privo di dignità.

Attraverso la sessualità si possono provare esperienze di ogni genere, ma non è certo la sessualità che determina la fede in qualcosa. Al contrario, è il modo di vivere la sessualità che può determinare cambiamenti più o meno positivi nella vita di una persona.

Purtroppo, quasi tutte le religioni hanno esercitato un forte controllo sulla sessualità, soprattutto su quella femminile. I fondamentalisti, in particolare, hanno sostenuto e continuano a sostenere che la sessualità di una donna debba servire solo ed esclusivamente per il piacere dell'uomo e per la riproduzione.

La verità è che la perdita di controllo sulla sessualità della donna minacciava in particolare modo l'autorità patriarcale. Altrettanto importante era l'estasi mistica della donna non dovutamente controllata dall'autorità religiosa. Durante il periodo della inquisizione da parte della Chiesa, lo stato alterato di coscienza conosciuto anche il termine di estasi, era considerato al pari della stregoneria e opera del demonio.

Molte donne che semplicemente vivevano momenti di intensa estasi mistica, venivano accusate di essere delle streghe e condannate a morte. In realtà il cosiddetto stato alterato di coscienza, che la maggior parte della confessioni religiose non comprende e non riesce a «decifrare», è stato uno dei motivi di svalutazione della donna e della sua sessualità.

Mi rendo conto che negli ultimi anni il concetto di sacro femminino inizia nuovamente a essere compreso nel vero e originario significato del termine. Durante la storia dell'umanità la donna ha dimenticato se stessa e la sua dignità.

Solo nel 1945 con il ritrovamento di alcuni antichissimi testi questa dignità è stato nuovamente recuperata. I testi di Nag Hammadi, così chiamati perché ritrovati nell'isola omonima nei pressi della parete rocciosa di Jabal Al Tarif, a sud di Il Cairo, dal pastore Mohammed Ali Samman, hanno rivoluzionato la storia del cristianesimo, rivelando un insegnamento nascosto dalla storia nel corso dei secoli e donandone nuova luce.

In particolare il Vangelo di Tommaso riscrive un capitolo della storia della Chiesa, attribuendo un ruolo importante alla figura di Maria Madre di Gesù prima e quella di Maria di Magdala poi: il ruolo della Donna Dea.

Che lo si definisca Dea o Dio, il principio creatore primordiale, non deve essere nascosto né dimenticato nei meandri della storia.

Tutte le informazioni contenute in questo libro sono il risultato di ricerche personali tratte dalla lettura di scritture sacre, dalla pratica costante dello yoga e dalla mia esperienza personale.

Ogni conclusione e deduzione portata in evidenza è il risultato di un lungo studio personale dei testi storici e religiosi di ogni tempo e luogo. L'insegnamento più importante che intendo trasmettere è che ogni donna ha insita in Sé la divinità. Questo libro nasce dalla curiosità di sapere e conoscere come la creazione dell'universo fosse immaginata in luoghi diversi dal mito ebraico di Adamo ed Eva.

Il tema del rapporto tra maschile e femminile, interpretato e gestito nelle diverse culture e nei diversi popoli che hanno vissuto sul nostro pianeta, si impone come un tema fondamentale per mettere in risalto l'aspetto dell'origine universale della vita.

Il nostro pianeta, la natura stessa, può e deve essere chiamata Déa Madre, perché soltanto chi comprende la Madre Natura, potrà comprendere i suoi figli.

Alla donna spetta il compito di leggere questo libro con la necessaria razionalità e dignità che la contraddistingue, per realizzare la sua più grande verità, che soltanto lei può manifestare. 

All'uomo il compito più dolce e tenue, quello di preservare il corpo, la mente e il cuore della sua amata compagna di vita.

Alla donna l'arduo compito di risollevare lo sguardo verso l'alto e liberare il serpente scivolato via dalla spina dorsale.

All'uomo ricordo che la potenza più grande che possiede gli vive accanto, che la sua spada è la sua donna.