Capitolo 1 - Scendi dalla croce
"PADRE NOSTRO,
CHE SEI NEI CIELI,
SIA SANTIFICATO IL TUO NOME,
VENGA IL TUO REGNO,
SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ'
COME IN CIELO COSÌ IN TERRA.
DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO,
E RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI,
COME ANCHE NOI LI RIMETTIAMO AI NOSTRI DEBITORI,
E NON ABBANDONARCI ALLA TENTAZIONE
MA LIBERACI DAL MALE"
(PREGHIERA CRISTIANA)
«Padre Nostro...» sussurrai a bassa voce, ma un nodo in gola mi impedì di continuare.
Le lacrime mi scivolarono lungo il viso mentre cercavo di proseguire la preghiera.
«Sia santificato il tuo nome...!» le parole si spezzarono, inutili.
Non riuscivo a pregare.
Chiusi gli occhi e lasciai che il silenzio avvolgesse la chiesa. L'unico suono era quello del mio respiro affannoso. Alzai lo sguardo verso l'altare. La statua del Cristo, intagliata nel legno di cedro, dominava la piccola cappella. Gli occhi chiusi, la corona di spine, il sangue che colava dalle ferite... sembrava quasi di sentire il suo dolore.

INRI, IESUS NAZARENUS REX IUDEORUM. Quelle lettere, incise nella croce, sembravano urlare un'accusa muta verso il cielo.
Mi sentivo sola, abbandonata. Il Natale si avvicinava, ma dentro di me regnava un gelo più intenso di quello invernale. Le mani mi tremavano, fredde come ghiaccio.
Lo sguardo si posò sulla figura marmorea, incollata al legno della croce. Un lungo sospiro scappò dalle mie labbra. Mi rivolsi a Lui, come se potesse sentirmi.
«Perché, Signore? Perché tutto questo dolore? Perché non hai fatto nulla per impedirlo?»
Le mie domande rimbombavano nella chiesa vuota. Sentivo un'angoscia crescente, una rabbia che mi divorava dall'interno.
«Scendi dalla croce!» urlai, quasi sfidandolo. Ma la statua rimaneva impassibile, come un'accusa muta.
Avevo un profondo desiderio di sfogare la rabbia accumulata nel cuore. Gli ultimi anni appena trascorsi, erano stati difficili e pesanti. La malattia di mio padre aveva messo a dura prova tutta la mia fede. Poi all'improvviso, anche nonna Eugenìa mi aveva lasciato.
L'unica cosa che mi era rimasta, era una cascina alla fine di quel paesino sperduto tra le montagne dell'appennino umbro, insieme a qualche ettaro di terreno incolto ricevuto in eredità.
Ero arrivata a Borgo San Pio da poco più di un mese e l'unica persona con cui avevo avuto un contatto era Don Mattia, un giovane sacerdote dalla gentilezza disarmante che aveva chiesto di essere nominato parroco di quel paesino minuscolo, per rimanere accanto alla madre, ormai anziana. Nella casa parrocchiale viveva anche don Gianmarco, l'anziano sacerdote che prima di lui era stato parroco e che, per via dell'età, la curia aveva deciso di non spostare in altra diocesi.
Ogni volta che me ne andavo in giro per le strade sterrate del paesino, finivo sempre per infilarmi nella cappellina laterale alla chiesa. Era piccola, intima e si sentivano a malapena le grida e le risate dei bambini che giocavano nel piazzale antistante.
«Micaela?» mi chiamò Don Mattia.
«Tutto bene? Ho sentito urlare! Sei stata tu?»
Mi alzai di scatto dalla panca. Don Mattia mi sorrise, i suoi occhi neri brillavano di una luce intensa. L'abito talare nero contrastava con la sua espressione gentile.
«Micaela, stai bene?» mi chiese di nuovo Don Mattia
«Sì, sto bene! Grazie. Sono solo un po' stanca. Le chiedo scusa, ma non ho molta voglia di parlare. Vorrei stare sola se permette. Torno a casa mia!» risposi soffiando su con il naso e non nascondendo un po' di vergogna.
Uscii dalla chiesa e me ne tornai verso la cascina. Entrai nella cucina, presi una pentola, la riempii con dell'acqua e la misi sul fuoco. Apparecchiai la tavola con cura, scegliendo una delle tovaglie ricamate a mano dalla nonna, presi un piatto di porcellana, il bicchiere più bello, la forchetta con il manico colorato di verde e la bottiglia di vino.
Mi sedetti davanti al tavolo versandomi mezzo bicchiere di vino rosso e attesi che la pasta fosse pronta, facendo bene attenzione alla cottura. Condii la pasta con il sugo avanzato dalla sera prima e iniziai a mangiare. Dopo il pasto presi un libro e me andai sul divano. Aprii il libro caso e iniziai a leggere qualche riga.
La concentrazione, però, era poca. Il pensiero era rivolto al mio futuro. Cosa avrei potuto fare di quella cascina? Era bella, ben messa, completamente ristrutturata e piena di ogni comfort. Dovevo soltanto decidere cosa fare: se rimanere a vivere in quel paesino disperso tra le montagne oppure tornarmene in città. Ripensai con profonda tristezza a tutto quello che avevo vissuto negli ultimi anni. In città non avevo più alcun legame a parte qualche amico.
"Forse posso continuare a vivere a Borgo San Pio." pensai
I soldi che mi aveva lasciato la nonna mi sarebbero bastati per vivere per qualche anno, poi avrei dovuto trovare un modo per mantenermi.
«Perché non apri un b&b? - mi aveva proposto qualche giorno prima Don Mattia - Nella zona non ce ne sono e sarebbe una buona idea, soprattutto per le persone che vogliono partire da qui per le scalate in montagna!»
L'idea del bed & breakfast non era malvagia. Avrei potuto sistemare la zona vicino alle stalle e ricavarne qualche stanza per dormire e con i soldi guadagnati, permettermi di continuare a vivere in quel paesino incantevole. Chiusi il libro che avevo in mano e lo posai sulle ginocchia.
Troppi pensieri aleggiavano nella mente e mi resi conto che non riuscivo a concentrarmi nella lettura. Lo sfogo e la reazione avuta nella cappellina mi avevano messa a disagio.
Riconobbi di essermi comportata male con Don Mattia scappando via senza dargli spiegazioni. Volevo semplicemente sprofondare per la vergogna.
In cuor mio sapevo molto bene che quella reazione davanti al crocifisso era stata dettata dalla sofferenza vissuta negli ultimi anni e avevo iniziato a pensare che Dio non esistesse.
Nonostante la passione per la storia antica mi avesse portato a studiare testi antichi di ogni confessione religiosa, ero giunta alla conclusione che Dio fosse solamente una pura invenzione dell'essere umano. L'insegnamento della catechesi, della nascita di Gesù quale Unigenito Figlio di Dio, mi aveva sempre infastidito e messa in profonda crisi.
«Perché solo lui è degno di essere Figlio di Dio!» avevo contestato alquanto irritata alla mia insegnante di catechesi quando ero una bimba di dieci anni.
«E gli altri? - chiedevo provocando l'ilarità dei compagni e lo sdegno della suor Gemma - Non sono forse anche gli altri degni di essere amati e considerati prediletti? Certo che se questo Dio dona il suo figlio prediletto agli uomini per essere crocifisso, non vorrei mai essere una figlia prediletta!»
Tutta quella storia non mi era mai piaciuta. Eppure in quel racconto c'era qualcosa che mi incuriosiva. I discorsi di mio padre e poi di mia nonna mi lasciavano spesso perplessa. Come in una sorta di catalessi, non facevo che pormi domande a cui non riuscivo a dare risposta.
Era mai esistito Gesù Cristo? Oppure era stata una pura invenzione della Chiesa? C'erano stati tanti di quei messaggeri che non sapevo più a cosa credere. Mitra, Zoroastro, Apollonio di Tiana, tutti uomini che avevano talmente tanti punti in comune con la storia di Gesù il Cristo, che era facile confonderli tra loro, se non fosse stato per il fatto che erano vissuti in epoche diverse.
E poi? La storia della discendenza del Cristo?
Troppe nozioni, troppe contraddizioni, troppo di tutto.
La Chiesa raccontava una storia, la mia famiglia me ne aveva raccontata un'altra a cui non sapevo se credere e dare fondamento. Avevo studiato tanto e dai testi storici era apparsa una storia completamente diversa da quella narrata dal Nuovo Testamento. Soprattutto avevo compreso che, dietro la storia di Gesù il Cristo, si nascondeva qualcosa di ancora più difficile da capire. Mio padre mi aveva raccontato la storia del Sol Invictus, del sole che muore e risorge dopo tre giorni e del culto stellare.
«La storia di Gesù è una parodia del culto del sole. Gesù rappresenta il sole che viene adorato come un Dio.» mi aveva detto molti anni prima.
Le sue parole erano rimaste impresse nella mia mente, perché erano completamente contrarie a quelle insegnatemi durante la catechesi.
Ciò che più m'irritava era il fatto che la religione fosse sempre stata uno delle maggiori cause di assassinio, di tortura, discriminazione, odio e disprezzo, che indeboliva gli esseri umani fino a ucciderli.
Pensavo alle guerre sante in onore di un dio che non aveva nulla di misericordioso, alle torture per estorcere una falsa confessione.
Da dove nasceva la religione? Da un desiderio di sapere? No! Ero convinta che dietro la nascita di una religione ci fosse solo la paura. Paura di vivere, paura di esistere, paura della morte, paura di accettare e adattarsi al mondo.
L'essere umano vuole semplicemente delle risposte ben precise alla sua paura di vivere. Allora perché me l'ero presa con un uomo attaccato a una croce? Non aveva senso, dare la responsabilità della mia vita a un uomo che era stato crocifisso duemila anni prima! E se non fosse neppure esistito? Se fosse stata solamente un'invenzione dell'uomo per materializzare in terra un dio che non esisteva?
Mi sdraiai sul divano, posai il libro sul petto e chiusi gli occhi. Le lacrime iniziarono a scorrere lente e inesorabili sul viso fino a bagnarmi il collo e i capelli.
«Miryae, sono qui!» disse una voce.
Aprii gli occhi e mi guardai attorno. Qualcuno stava chiamando qualcuno. Forse la voce veniva dal giardino. Chiusi di nuovo gli occhi e cercai di non pensare a nulla.
«Miryae! Eccomi!» disse nuovamente la voce.
Aprii ancora una volta gli occhi e mi guardai attorno.
Nella stanza non c'era nessuno. Forse era qualcuno in strada che stava chiamando la moglie o la figlia.
«Miryae! Sono sceso dalla croce!» disse la voce.
«Oddio!» urlai aprendo gli occhi e alzandomi di scatto.
Davanti a me, in una candida veste color panna, stava un giovane ragazzo che mi sorrideva.
«Mi hai chiesto di scendere dalla croce! - disse lui - Eccomi allora! Sono qui! Dimmi, cosa vuoi che ti dica?»
«Misericordia divina!» urlai di nuovo.
«Sto impazzendo. Anzi, sono impazzita! Ho le allucinazioni. Sono completamente fuori di senno!» mi toccai gli occhi e la testa non riuscendo a comprendere se stessi sognando.
«Non sei impazzita. Ho semplicemente risposto a una tua richiesta. E ora sono qui!» rispose lui sorridendo.
«No! Non è possibile! Tu non sei vero. Tu non puoi essere vero! Tu sei... sei solamente una mia invenzione. Tu non esisti neppure! Non è possibile! Tu non ci sei e io sto sognando a occhi aperti!»
Mentre proseguivo con quella prosopopea di affermazioni il giovane ragazzo mi prese la mano e cominciò a spiegarmi cosa stesse accadendo.
«Io sono qui, perché tu mi hai cercato, perché tu mi hai chiesto di scendere dal piedistallo in cui la gente mi ha posto. E che piedistallo mi avete dato. Un po' scomodo per i miei gusti. E quando le persone, mi chiamano e mi chiedono di mettermi al loro stesso livello allora io semplicemente lo faccio!» disse lui sorridendo
Rimasi immobile davanti a lui, mentre il tepore delle sue mani scaldavano le mie. La stanza iniziò a riempirsi di un dolcissimo profumo indefinibile. Subito pensai a un'allucinazione forse dettata dal mio desiderio enorme di avere una risposta concreta. Mi vennero alla mente i santi e i folli di Dio, tutte quelle persone che asserivano con sicurezza di vedere Gesù, la Madonna, gli angeli e di parlare con loro.
«Ora sono qui, accanto a te, ad ascoltare tutte le tue richieste, a rispondere a tutte le tue domande!»
Fui presa da un senso di timore e iniziai a piangere.
«Queste lacrime sono il segno del tuo cambiamento. Vuol dire che è giunto il momento in cui la tua ricerca verso quello che tu chiami Dio, abbia inizio, mia piccola Miryae! Hai studiato molto, hai cercato ovunque, hai acceso la fiamma della speranza e del desiderio di verità nel tuo cuore e io sono qui per aiutarti a raggiungere questa verità.».
Solo quando mi sfiorò il viso con la sua mano calda, mi convinsi che quello non era un sogno, ma che stava veramente accadendo qualcosa di straordinario. Toccai la sua veste e ne sentii il calore tra le mie mani. Osservai il suo volto, i suoi occhi scuri e teneri, i capelli neri e lisci fin sopra le spalle. Lasciai che quel giovane ragazzo mi spiegasse cosa stesse accadendo senza riuscire, tuttavia, a comprendere se la persona che avevo di fronte fosse realmente Gesù detto il Cristo o un'altra persona.
«Io sono colui che tu pensi che io sia! Se vuoi chiamarmi Gesù puoi farlo. Se vuoi chiamarmi con un altro nome puoi farlo, se non vuoi assegnarmi un nome puoi farlo. Sappi, però, che io sono un uomo come tutti gli altri e che la gente, il mondo intero, non mi conosce affatto per quel che io realmente sono.» disse lui come se stesse leggendo nella mia mente
«Chi sei? Se tu non sei Gesù Cristo, dimmi chi sei! E perché mi stai chiamando Miryae. Il mio nome è Micaela!»
«So esattamente qual è il tuo nome! Ma sappi che da oggi in poi ti chiamerò Miryae, perché voglio che tu comprenda chi sei veramente e qual è il tuo ruolo. Questo è solo l'inizio di un lunghissimo percorso di ricerca spirituale che ti porterà davanti all'unica cosa che conta, l'unica gioia, l'unica felicità, l'unica ricchezza. Comprenderai queste mie parole, solo il giorno in cui la tua ricerca sarà terminata e avrai iniziato il compito che ti è stato assegnato! Presto incontrerai il tuo compagno di viaggio, colui che ti è sempre stato vicino, da che è Vita nel creato. Egli sarà il tuo compagno ancora una volta, il tuo sostegno e la tua spalla. E tu sarai la sua spada affilata, la sua potenza più grande. Egli è colui che ti ha amato e continua ad amarti sopra ogni cosa, e ti sosterrà incondizionatamente anche in questa vita!»
Il sorriso di quel giovane mi aveva riscaldato il cuore. Smisi di piangere e affogai il volto tra le sue braccia, al punto da sentire il profumo della sua pelle. Mi resi conto, che quel corpo era reale. Lo potevo toccare con le mie mani, potevo sentire il caldo tepore del suo corpo e il tessuto morbido della sua tunica sulla mia guancia.
«Ora devo andare, mia piccola Miryae!» disse lui accarezzandomi il viso.
Come era apparso dal nulla, nel nulla sparì.
Rimasi immobile al centro della stanza, seduta a terra davanti al camino acceso. Il mio volto era completamente bagnato dalle lacrime. Le emozioni provate in quei pochissimi istanti, accanto a quella figura così «surreale» furono stranissime e svisceranti. L'evento di per se era privo di ogni razionale logica. Per tutta la vita non avevo mai creduto alle persone che parlavano di esperienze paranormali, che affermavano di aver visto e parlato con angeli e santi.
Cosa avevo vissuto? Cosa mi era successo? E soprattutto cosa avrei dovuto fare in quel momento? Non riuscivo più a raccapezzarmi. Sapevo che l'esperienza aveva dell'incredibile e sentii la necessità di parlarne con qualcuno, forse per il desiderio di sentirmi dire che era stato solo un sogno. Subito mi venne alla mente Don Mattia. L'avevo trattato molto male scappando via dalla cappella, senza dargli una risposta. Forse lui avrebbe potuto capirmi, dirmi una parola di conforto o riportarmi con i piedi per terra.
Mi sistemai velocemente i capelli, asciugai il volto ancora bagnato dalle lacrime, misi il giaccone e corsi in Chiesa.
Don Mattia era ancora nel suo studio. Aveva tolto la maglia nera, indossava solamente la camicia grigia del klergiman mentre il colletto era leggermente allentato e poggiato sul collo.
Entrai nella stanza senza pensarci troppo ancora tramortita da quel che mi era accaduto.
«Le devo parlare.» dissi io sull'uscio della porta
Don Mattia fece un balzo sulla sedia per l'impeto delle mie parole.
«Mi è successo qualcosa di straordinario, d'irrazionale, di... non so come spiegarlo!» proseguii io.
Don Mattia mi guardò incuriosito.
«Dimmi, cosa ti è successo?»
«Mi vergogno persino a raccontarlo, ma se non lo dico a qualcuno rischio d'impazzire. A meno che io non sia già pazza!»
«Dimmi?»
«Lo so che ora mi dirà che non è possibile, che mi racconterà la solita storiella, che solo i pazzi vedono gli angeli, però...!» seguitai io con timore
«Tranquilla, Micaela, sta tranquilla e spiegami con calma cosa ti è successo!»
«È successo che... è successo che...»
«Che?»
«Che... credo di aver visto Gesù Cristo!» risposi tirando un lungo respiro.
«Bene! Mi fa piacere! E dimmi di cosa avete parlato?» mi chiese lui con profonda enfasi
Rimasi impalata a guardarlo. Ero esterrefatta.
«Come? Che vuol dire "Di cosa avete parlato?". Non mi dice che sono pazza?» chiesi io alzando le braccia e indicandomi la testa con un dito.
«No! Non ti dico che sei pazza, altrimenti lo sarei anch'io! E lo dovremmo dire di tutti i santi più grandi del mondo a cominciare da San Francesco d'Assisi, da Santa Rita da Cascia e non ultimo da Padre Pio da Pietrelcina!» rispose lui
Dopo avergli spiegato in breve quello che mi era accaduto, Don Mattia si fece una gran bella risata.
«Mia cara Miryae, benvenuta nel mondo dei pazzi! Da oggi in poi, tutta la tua vita cambierà, ma proprio tutta la tua vita e nulla sarà più come prima!» sentenziò Don Mattia con aria solenne e sorridente.
«Avevo intuito che in te c'era qualcosa di particolare e questa ne è la prova. Vivi tutto quello che ti sta accadendo come fosse una favola, perché questa è la favola della tua vita e sappi che questo è solo il tuo primo incontro con Lui.»
Lo guardai inebetita. Ero stordita e incapace di comprendere quelle parole.
«Un sacerdote non dovrebbe dire queste cose, è vero! Ricordati sempre una cosa, la verità è come la ragione, non sta da nessuna parte. La tua verità devi cercarla, assimilarla e darla al mondo, come fosse la cosa più semplice del mondo. Presto comprenderai qual'è l'unica cosa che conta e io, se tu me lo permetterai, cercherò di accompagnarti in questa tua ricerca.»
«Roba da matti! - esclamai perplessa - Un sacerdote che mi fa questi strani discorsi. Non posso crederci! Ma lei è un prete o no?»
Don Mattia iniziò a ridere di cuore.
«Ascolta, tesoro mio! - proseguì prendendo una sedia e facendomi sedere di fronte a lui - Se tu sei qui, davanti a me, a parlare di queste cose è perché ti fidi di me, e io mi sento onorato del fatto che ti sei confidata. Io da parte mia non posso che spiegarti il motivo di questo nostro dialogo. La Chiesa cattolica è arrivata ormai al crollo di molti dogmi da diversi decenni. Se vai in una qualsiasi libreria troverai testi di ogni genere che parlano di Gesù. Molti di questi testi parlano di un Gesù unigenito, nato da una vergine e privo di una discendenza, di un povero Cristo morto in croce e risorto dopo tre giorni. Altri testi raccontano una storia un po' diversa, dove il personaggio Gesù ama e vive accanto alla sua discepola prediletta Maria Miryae, donna dalla quale avrà anche dei figli e che porterà con se il Santo Graal.
La fede della Chiesa si fonda su alcuni concetti che tu conosci molto bene. Quello che tu non conosci è ciò che, in verità, c'è dietro la chiesa cattolica. Ti rivelo, un piccolo segreto. Finché nella chiesa troverai sacerdoti come me, saprai che questa non è ancora morta, che la "vera chiesa", la chiesa delle origini, è ancora viva. Io sono un prete, sì, sono un sacerdote, ma sono un sacerdote che ha scelto questa vocazione per portare avanti un compito, una missione, che è quella di aiutare le persone come te!»
«Le persone come me?» chiesi io.
«Sì! Gesù e Maria Maddalena, o meglio Yeshua e Miryae, hanno portato avanti per anni un insegnamento che con il passare dei secoli è sparito completamente, si è perso nelle congiure della Chiesa e del potere politico e che, solo in pochi ancora conoscono. Tu sei stata scelta per portare avanti questo insegnamento!».
«Cosa vuol dire che sono stata scelta? - lo interruppi di colpo. - Adesso mi dirà anche che devo credere agli extraterrestri? No! Io non ci sto! Questo non è un gioco, questa è la mia vita e io ritengo che questo è uno scherzo di cattivo gusto. Io non ci sto. Se lo scordi! Sono venuta a Borgo San Pio per tentare di ritornare a vivere una vita tranquilla, provare a credere ancora in qualcosa che somigli a Dio. Io mi sto confidando con lei, le sto chiedendo un aiuto e lei mi fa questi strani discorsi. Lei sì, che è fuori di testa. Yeshua e Miryae! Assurdo! Roba da matti! Non riesco a credere a quel che sento. Io sarei stata "scelta" ?» proseguii più spaventata che arrabbiata.
«Adesso me ne torno a casa e faccio finta che non sia accaduto nulla e lei si dimentica di quello che le ho detto!»
«Vai, vai a casa tesoro mio!» disse lui sorridendo mentre mi alzavo dalla sedia e mi dirigevo verso la porta.
«Vai! Vai a casa! Ci penserà Lui a farti cambiare idea!»
«E se io non volessi ascoltarlo?» chiesi girandomi verso di lui.
«Allora starai male, tanto
male. Ti do un consiglio. Prenditi tutto il tempo per metabolizzare quello che
ti è accaduto oggi. Prega, medita, ma non chiuderti in te stessa. Dio parlerà
attraverso di te e lo farà molto presto, e lo farà nel momento in cui ti
sentirai pronta.»