Capitolo 20 - Tutto il sapere del mondo
"Sé primordiale, da cui tutto è
provenuto
Sé primordiale, a cui tutto fa ritorno
Sé primordiale, che vivi in me, io anelo a te...."
Mi alzai prima dell'alba e sistemai le ultime cose prima del viaggio. Lasciai poche e precise istruzioni a Don Gianmarco e passai a prendere Micaela. La trovai davanti al portone di casa con un piccolo trolley in mano. Aveva già chiuso le imposte e la grande porta di legno.

«Buongiorno!» le dissi cordialmente
«Buongiorno!» mi rispose lei altrettanto cordialmente
«Vedo che sei già pronta. Andiamo allora!»
Lei annuì e ci avviamo alla fermata della corriera. Alle sette in punto partimmo dalla piazza del paese e arrivammo alla stazione di Perugia Ponte S. Giovanni verso le nove. Avevamo giusto il tempo di fare una piccola colazione e poi prendere il treno.
«Andremo a trovare Don Michel. Staremo qualche giorno da lui!» le dissi una volta seduti sulle poltrone del treno
Micaela mi guardò con un sorriso affascinante.
«Perché stiamo andando a Roma? Cosa c'è di così importante?» mi chiese lei incuriosita
«Ti porterò a vedere luoghi e cose che neppure immagini possano esistere!» le risposi provocando in lei una curiosità ancora più morbosa.
«Ora goditi il viaggio. Quando arriveremo a Roma, ti spiegherò tutto!»
Il treno giunse alla stazione Termini con qualche minuto di ritardo. Scendemmo dalle scalette del treno e ci avviamo verso Piazza dei Cinquecento. Guardai Micaela con la coda dell'occhio facendo attenzione alle valigie.
I lavori di miglioramento avevano completamente rivoluzionato l'aspetto della stazione. Ovunque ci girassimo c'erano negozi di ogni genere, dall'abbigliamento alle agenzie di viaggi, dalle librerie ai servizi bancari. Sembrava una piccola città nella grande città. Presi Micaela per mano e ci muovemmo verso la piazza centrale.
«Dobbiamo prendere l'autobus. La linea 40 ci porterà a destinazione.» le dissi indicando la pensilina del capolinea
Lei mi seguì senza dir nulla. Attendemmo con pazienza l'arrivo della vettura e salimmo a bordo. Timbrammo i biglietti per il viaggio e ci sedemmo l'uno accanto all'altra con i bagagli davanti a noi. Micaela non aveva il coraggio di chiedere nulla. Io le sorrisi e le strinsi la mano.
Avevo tolto il klergiman e indossato abiti civili. Una piccola suora, dal volto candido come la neve, ci guardò con dolcezza scambiandoci per due fidanzatini. Micaela arrossì in volto e quel rossore sembrava nascondersi nella montagna di capelli che la avvolgevano.
L'autobus partì e passo davanti Piazza della Repubblica. Micaela rimase stupefatta a guardare la bellezza suggestiva della fontana delle Naiadi.
«La fontana rappresenta la Ninfa dei Laghi, quella con il cigno, la Ninfa dei Fiumi, che è sdraiata su un mostro, la Ninfa degli Oceani, in sella al cavallo e la Ninfa dell'Acqua, appoggiata su un drago. Al centro della fontana c'è il Glauco, che rappresenta la potenza dell'uomo sulle forze della natura.» le spiegai mentre facevamo il giro della piazza.
Dopo qualche minuto eravamo in Via Nazionale. Micaela si guardava attorno con un profondo interesse. Arrivati a Piazza Venezia la vettura girò per Corso Vittorio Emanuele, attraversò Largo Argentina e in poco tempo eravamo in Via della Conciliazione. Una fermata prima del capolinea scendemmo dall'autobus e la portai al centro del viale. Percorremmo la strada per circa cento metri e ci sedemmo sulle panchine in marmo poste ai lati.
«Qui siamo ancora nella stato della Repubblica italiana. Fra cento metri, entreremo nello stato di Città del Vaticano.» le dissi indicandole la piazza
«Pensavo che il viale facesse parte del Vaticano.» disse lei
«Sai perché si chiama via della Conciliazione?» le chiesi
«Se non sbaglio ha ricevuto questo appellativo in riferimento alla riconciliazione tra la Santa Sede e la Chiesa, quando furono firmati i Patti Lateranensi nel 1929.» rispose Micaela
«Esattamente!»
Ci alzammo dalla panchina e ci dirigemmo verso Piazza San Pietro. Girando a destra la feci passare sotto il colonnato di via di Porta Angelica. Lei alzò gli occhi in alto per osservarne i minimi particolari.
«Bellissima. Che cos'è?» mi chiese
«Questa la Porta Angelica. Fu edificata nel 1563 per ordine di Papa Pio IV. Attraverso queste mura conosciute con il nome di mura leonine, si poteva arrivare dentro Castel S'Angelo senza essere visti. Le mura risalgono al IX secolo e sono state fatte costruire da Papa Leone IV per proteggere la Basilica di San Pietro ed il colle del Vaticano che era stato più volte saccheggiato nell'anno 86.»
Passammo sotto la porta e girammo per Piazza della Città Leonina. Era l'ora di pranzo. Ci infilammo in uno di quei ristoranti che proponevano un menù fisso per i turisti e mangiammo un piatto di pasta ciascuno, accompagnato da un bicchiere di vino rosso della casa.
«Perché mi hai portato qui?» mi chiese Micaela mentre girava le fettuccine nel piatto. Era giunto il momento di spiegarle qualcosa.
«Vedi! Lo Stato Città del Vaticano racchiude in se tanti capolavori. Ogni giorno vengono a Roma, migliaia e migliaia di fedeli, da ogni parte del mondo, per vedere le statue di Michelangelo, il Baldacchino del Bernini, la tomba di San Pietro e tante altre opere. Quello che la gente non sa è che la Basilica di San Pietro e tutto ciò che è stato costruito attorno ad essa e dentro di essa, è un mistero rivelato, è un mistero davanti al proprio naso, ma che non si riesce a comprendere. Nei cortili del Vaticano, ci sono statue e ornamenti che a prima vista, sembrano non dire assolutamente nulla. Ma se le guardi con gli occhi dello studioso e con la mente aperta, ti rivelano uno dei segreti più straordinari che tu possa immaginare.»
Terminammo di mangiare e pagammo il conto. Presi le valigie e chiesi a Micaela di seguirmi. Lei continuò a guardarsi intorno, mentre passavamo nuovamente sotto il portico.
All'improvviso iniziò a piovere e fummo costretti ad attraversare velocemente Piazza San Pietro. Aumentai il passo mentre Micaela continuava a guardarsi intorno. Per lei era tutto nuovo. Sembrava come una bambina in gita scolastica. Passammo velocemente davanti all'obelisco centrale e mi diressi con passo svelto verso Borgo Santo Spirito. Tirai fuori il cellulare e feci il numero di Don Michel.
Presi Micaela per mano e imboccammo Via Paolo VI. Qualche metro più in là, vidi Don Michel che ci attendeva davanti al portone.
«Mattia!» mi chiamò salutandomi con la mano
Ci avvicinammo verso di lui. Micaela sembrava spaventata e intirizzita dal freddo e dalla pioggia. Fu probabilmente in quell'istante che si rese conto del luogo in cui si trovava. Don Michel mi mise un braccio sulle spalle e ci abbracciammo forte.
«Quanto tempo!» esclamò lui non nascondendo l'emozione
«Padre!» dissi io stringendolo forte a me.
«Devi farti sentire più spesso, ragazzo mio. Sono mesi che non ho tue notizie. Fortuna che tua madre mi racconta tutto. Dai entriamo.» disse lui tirandomi per un orecchio
«Tu devi essere Micaela!» proseguì guardandola e poi fissandomi negli occhi.
«Lui è Don Michel!» dissi io facendo le presentazioni
Entrammo nella canonica e posai le valigie in un angolo della stanza.
«A tuo padre non nascondi nulla, figlio mio!» disse lui guardandoci con la coda dell'occhio cercando di interpretare la reazione di Micaela dal suo viso.
«Tuo padre? Come tuo padre?» chiese lei spaventata
«Vieni tesoro! Ora ti spiego tutto!» dissi cercando di tranquillizzarla e facendola accomodare nel salottino antistante la cucina.
«Come al solito, Don Michel, è brusco e senza mezzi termini. Abbaia ma non morde. Stai tranquilla!» dissi io cercando di sdrammatizzare la situazione.
Micaela mi guardava basita e confusa. Le tolsi il cappotto e la feci sedere sulla poltrona di pelle.
«Qui devi fare come se stessi a casa tua perché questa, è casa mia!»
«Dentro le mura del Vaticano?» chiese lei incuriosita e con aria perplessa.
«Sì! Dentro le mura del Vaticano! Ti do la mia parola!» le risposi cercando di rassicurarla.
«Lui è veramente tuo padre? Tuo padre?» chiese nuovamente Micaela ancora incredula
«Lui è veramente mio padre! Avrei voluto dirtelo io con più calma, ma come al solito, mio padre non è uomo di mezzi termini. Perdonami, ma lui è fatto così!» le risposi cercando di tranquillizzarla
«Suppongo tu le abbia anche detto il motivo per cui è qui!» disse Don Michel intervenendo nel discorso ed accendendo il gas sotto un pentolino d'acqua poggiato sulla stufa.
«No, Padre. - risposi - Ancora non le ho detto nulla! Vorrei darle il tempo di ambientarsi! Cerca di capire. Per lei è tutto nuovo!»
«Dille la verità, ragazzo, il prima possibile. Dille tutto! Prima lo fai, meglio è per lei e per te.» aggiunse nuovamente Don Michel
Micaela mi guardava esterrefatta.
«Chi sei tu? Dove mi hai portato. È forse un ordine, una setta all'interno del Vaticano?» mi chiese d'un tratto spaventata
«No! No, tesoro mio. Ma quale setta. Non siamo mica dentro un libro di fantascienza.» risposi cercando di farle capire che non doveva aver paura di nulla.
«Allora dimmi il motivo per cui mi hai portata qui!»
«Perché qui c'è la risposta a tutte le tue domande!» rispose Don Michel trafficando con mestoli e tazzine del thè. Poi si avvicinò a lei, le prese una mano inginocchiandosi di fronte e la fissò diritta negli occhi.
«Perché in questo luogo c'è tutto il sapere del mondo. In questo luogo dove vengono pellegrini da ogni angolo della terra, è nascosto il sapere di tutte le lingue e di tutte le religioni del mondo! E se tu, ora, sei qui, è perché mio figlio ti ha ritenuto degna di attingere a questa fonte. Stai tranquilla e fidati di lui. Devi sentirti onorata di essere in questo luogo sacro. Nessuno può entrare qui se non con una autorizzazione speciale.»
Micaela sembrò tranquillizzarsi.
«Dimmi un po'! Come vi siete conosciuti?» mi chiese Don Michel rivolgendo lo sguardo verso di me e continuando a tenere la mano di Micaela.
«Eravamo nelle campagne del paese. Micaela stava cercando i terreni che ha ereditato dalla nonna. Lei è la nipote della signora Maria, la vecchia amica di mamma!» risposi io
«Chi?» esclamò mio padre trasalendo
«Micaela è la nipote della signora Maria, l'amica di mamma! Quella che aveva la fattoria alla fine del paese!» ripetei io
«Che mi prenda un colpo!» esclamò di nuovo Don Michel
«Tu sei la figlia di Javier?» chiese lui guardando Micaela negli occhi
«Tu sei la figlia di Javier?» chiese nuovamente mio padre incredulo
«Sì!» rispose lei con una voce sommessa
«Non ci posso credere!» esclamò mio padre lasciandosi cadere all'indietro e sedendosi a terra davanti a lei.
«Tu sei la figlia di Javier! Che mi prenda un colpo!» ribatté lui pronunciando la frase esaltandone ancora di più le parole
«Me l'aveva detto tuo padre che alla sua morte, mi avrebbe lasciato la sua eredità, ma mai avrei pensato una cosa del genere! Mai. Ti giuro. Mai avrei pensato che tuo padre mi avrebbe fatto uno scherzo del genere! Tu sei la figlia di Javier!» proseguì lui ridendo
Micaela e io lo guardammo increduli, incapaci di comprendere cosa stesse dicendo. Dopo qualche istante eravamo tutti e tre seduti intorno a un tavolo a bere una buona tazza di thè.
Don Michel continuava a guardarci divertito, mentre mangiavamo biscotti fatti in casa da suor Caterina. Nessuno di noi aveva il coraggio di dire nulla. La notizia che mio padre aveva conosciuto il padre di Micaela aveva spiazzato anche me.
Non sapevo cosa pensare. Possibile che fosse stato proprio il destino a farci incontrare? Possibile che questo destino avesse influito sulle nostre scelte? Micaela era ancora spaventata e stordita. Il viaggio era stato lungo e avevamo bisogno di riposare.
«Padre, se permetti vorrei accompagnare Micaela nella sua stanza! Credo sia molto stanca e ha bisogno di darsi una rinfrescata.» chiesi interrompendo quel silenzio quasi surreale.
«Certo, figliolo! Accompagnala nella tua stanza. A te ho lasciato libera la stanza di Don Angelo! È stato finalmente trasferito nel suo paese natio. Sai! I reumatismi e la sua continua asma non lo facevano più respirare. Vivrà meglio in riva al mare. Gli hanno affidato la piccola parrocchia di Santa Maria del Carmine.» mi rispose lui prendendo la valigia di Micaela
Nonostante la sua non più giovane età notai che era ancora molto forte. Micaela lo osservava senza avere il coraggio di dire più nulla, tanto era lo spavento iniziale. Scoprire che ero figlio di un sacerdote l'aveva quantomeno disorientata e stordita. Il fatto che suo padre conoscesse il mio, invece mi aveva totalmente spiazzato. Le presi la mano e la condussi con me.
«Vieni!» le dissi
Percorremmo il piccolo corridoio in silenzio e aprii la porta della mia stanza. Era come l'avevo lasciata, con la coperta di lana fatta da mia madre ancora sul letto e qualche abito nell'armadio.
Don Michel poggiò la valigia accanto al letto e ci lasciò soli. Micaela mi guardò frastornata.
«Se non avessi visto Yeshua con i miei occhi, a questo punto, potrei pensare che Gesù Cristo non è altro che un personaggio inventato di sana pianta dalla chiesa! Che cosa mi stai nascondendo?» mi chiese
«Ora hai bisogno di riposare! Poi ti spiegherò tutto. Fidati di me, ti prego! Fidati di me.» soggiunsi
Micaela annuì e si chiuse la porta alle spalle. Mio padre era di fronte a me con la schiena appoggiata al muro e le braccia incrociate.
«Vieni con me, dobbiamo parlare!» mi disse dirigendosi verso il suo studio
«Allora!» proseguì lui mentre cercava qualcosa sulla scrivania.
«È così tanto speciale questa ragazza?» mi chiese lui fissandomi insistentemente negli occhi, a tal punto da avere l'impressione che mi stesse penetrando nell'anima
«Sì, Padre!»
«Non mi chiamare Padre. Te l'avrò detto centinaia di volte. Tu sei mio figlio e devi chiamarmi papà!» ribatté lui con tono serio ed esasperato
«Ho sempre paura che qualcuno possa sentirci!»
«Non ci sentirà nessuno qui dentro. Ricordatelo! Allora. Parlami di Micaela. È speciale come ha detto tua madre oppure è soltanto una sua invenzione?»
«Non è un'invenzione di mamma. Micaela è davvero speciale. Anche lei vede Yeshua e da lui ha appreso già molto!» risposi io
«Cosa ha appreso? Gli parlato ha dell'occhio, della ghiandola?»
«Sì. Credo gli abbia già parlato della ghiandola, ma non so fino a che punto!»
«Tua madre mi ha detto che vede in lei una futura Miryae. Se lo dice lei sta sicuro che è così! L'hai preparata a questa evenienza?» mi chiese lui
«No! No! Padre! Non l'ho neppure preso in considerazione. Vorrei andare piano. Sono venuto solo per chiederti qualche consiglio! Ci sono cose che non riesco a … gestire!» dissi io molto stanco
«Va bene. Va bene ragazzo! Va a farti una doccia. Domani ne riparleremo!»
Entrai nella stanza di Don Angelo. Tolsi i vestiti che avevo indosso e mi infilai sotto il getto d'acqua della doccia. Rimasi sotto l'acqua per un quarto d'ora con gli occhi chiusi. Il centro cristico si illuminò.
«Stai tranquillo! Tutto verrà da se! Non aver paura!»
La voce di Yeshua risuonò nella mia testa.
«Maestro, ho l'impressione che tutto sia più grande di me. Tutto questo mi sembra assurdo. A volte ho il terrore d'impazzire!» dissi io
«Non si può impazzire d'amore!» rispose lui
«Prenditi tempo, fratello mio. Medita e ascolta il tuo cuore. Il cuore ti sta parlando e sta già dicendo cosa è giusto fare!»
Uscii dalla doccia, mi rivestii e mi misi in preghiera.
