I sutra del Kriya Yoga di Patanjali

13.01.2025

Della vita di Patanjali (devanagari: पतञ्जलि) abbiamo poche informazioni. Vissuto è collocato nel II secolo a.C., della sua vita conosciamo forse l'unica opera a lui attribuita, gli Yoga Sūtra,  un testo fondamentale dello Yoga darśana, che contiene riferimenti alle scuole del Grande Veicolo del Buddhismo.

Con ogni probabilità la sua stesura finale va collocata fra il V e il VI secolo d.C. Non è da escludere, tuttavia, che tale testo si sia sviluppato a partire da frammenti o testi ben precedenti. Si può pertanto ritenere che Patañjali abbia compilato insegnamenti che fino ad allora erano stati tramandati oralmente, come spesso è avvenuto presso le scuole hindu. Egli fu il primo a metterli per iscritto, e per questo viene considerato il fondatore del Raja Yoga, la disciplina mistica alla base dello Yoga classico (Yoga darśana), sistema filosofico-religioso dell'induismo ortodosso. 

Così si esprime lo storico delle religioni Mircea Eliade:

«Grazie a Patañjali lo Yoga, da tradizione "mistica", si è trasformato in "sistema filosofico".»

Lo Yoga Lo Yoga
Immortalità e libertà
Mircea Eliade

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Il suo insegnamento, contenuto nei 196 aforismi (sūtra) che costituiscono gli Yoga Sūtra, spiegano come arrivare, con il controllo di sé e la padronanza della mente e della sua attività (vritti), all'intima unione con la Divinità interiore.


Parte 1 - Samadhi: sulle Contemplazioni e Unione 

Il primo capitolo ( detto anche PADA) espone alcuni dei più importanti concetti dello yoga e dei suoi risultati. 

Il risultato più importante è sicuramente il samadhi, di cui Patanjiali ci chiarisce il significato verso la fine del capitolo. Sebbene l'opera in se e per se non insegni come praticare delle tecniche specifiche, essa indica nel dettaglio quali saranno i risultati di una corretta pratica.

1.1. Ora verrà esposta (inizia) la disciplina dell'Unione (Yoga). 

Atha Yoga Anusasanam

ATHA = ora

YOGA = l'unione

ANUSASANAM = l'esposizione

Il primo sutra, concretamente, è un'introduzione con cui si avverte il lettore che seguirà una esposizione della disciplina dello Yoga, presentato nell'ordine corretto, passo dopo passo e con indicazioni appropriate per la giusta condotta.

Il termine anusasanam indica qualcosa che viene prima, essendo il termine 'anu' in sanscrito 'tenere dietro' e 'sasanam', 'insegnamento'.

Quindi l'insegnamento esposto è in realtà un post-insegnamento dello Yoga che condivide la saggezza di centinaia di differenti pratiche: un singolo flusso di informazioni con differenti tradizioni al suo interno.

Lo yoga, dunque, è un percorso di pratica. 

1.2. Unione è frenare i naturali flussi di pensiero della mente. 

Yoga Citta Vritti Nirodhah

YOGA = lo yoga

CITTA-VRITTIH = le fluttuazioni della coscienza

NIRODHAH = la cessazione.

Lo yoga è la cessazione (del processo di identificazione con) le fluttuazione (che emergono nella) coscienza.

"La radice di citta è cit- che ha il significato di coscienza, coscienza dei sensi e della percezione, il classico modo di conoscere, la risposta sensoriale, la reazione emozionale, l'elaborazione con il pensiero. Citta è lo strumento classico della percezione e della relazione con la realtà, molto raffinato nell'uomo, tendenzialmente automatico, ci permette di descrivere, di razionalizzare, di immaginare, di sognare, di comunicare con la parola, di accumulare le esperienze nella memoria. Le vrtti, il movimento della psiche che divide, che sceglie, che giudica, quando il conoscere è legato a citta vrtti klesa, stati mentali negativi questi originano causano la sofferenza, duhkha." (Gianfranco Bertagni)

La Scienza dello Yoga La Scienza dello Yoga
Commento agli yogasutra di Patanjali
I. K. Taimni

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1.3. Così il testimone dimora nella sua propria natura. 

1.4. In caso contrario, egli si identifica con i flussi di pensiero. 

1.5. I flussi di pensiero sono cinque. Possono essere dolorosi o non dolorosi. 

1.6. Essi sono: giusta conoscenza, falso sapere, immaginazione, sonno e memoria. 

1.7. La giusta conoscenza è la deduzione, la tradizione e la conoscenza genuina. 

1.8. Il falso sapere è illusorio, sono credenze o nozioni erronee. 

1.9. Immaginazione è un'attività mentale evocata da parole, priva di fondamento. 

1.10. Il sonno profondo è la modificazione della mente fondata sull'assenza di ogni contenuto. 

1.11. La memoria non permette alle impressioni mentali di fuggire. 

1.12. Questi flussi di pensiero sono controllati con la pratica ed il non-attaccamento. 

1.13. La pratica è lo sforzo per garantire la stabilità. 

1.14. La pratica diventa una realtà acquisita solo dopo un lungo esercizio, ininterrotto e compiuto con devozione reverente. 

1.15. La mancanza di desiderio verso il visibile e l'invisibile dà la coscienza del controllo. 

1.16. Questo è rappresentato da una indifferenza verso i tre attributi, grazie alla conoscenza del Sé Supremo interiore. 

1.17. La meditazione cognitiva è accompagnata dal ragionamento, dalla discriminazione, dalla beatitudine e da un senso di "Io sono", di puro essere. 

1.18. C'è un'altra meditazione che si ottiene con la pratica della sospensione mentale consapevole fino a quando non rimangono solo le impressioni sottili. 

1.19. Per quegli esseri che sono senza forma e per gli esseri che vengono uniti nella coscienza unificante della natura, il mondo è la causa. 

1.20. Per altri, la chiarezza è preceduta dalla fede, dall'energia, dalla memoria e da una contemplazione con mente calma. 

1.21. La contemplazione con mente calma è più vicina a coloro il cui desiderio è più ardente. 

1.22. Vi è ulteriore distinzione a seconda dell'intensità dei mezzi impiegati. 

1.23. La realizzazione può essere ottenuta anche mediante l'abbandono a Dio. 

1.24. Dio è il Sé Supremo interiore e universale, non toccato dalle afflizioni, dalle azioni, dalle impressioni e dalle loro conseguenze. 

1.25. In Dio, il seme dell'onniscienza è insuperabile. 

1.26. Non essendo condizionato dal tempo, Dio è il maestro anche degli antichi. 

1.27. La voce di Dio è l'Om. 

1.28. La ripetizione dell'Om dovrebbe essere fatta con la comprensione del suo significato. 

1.29. Dalla ripetizione e dalla meditazione sull'Om si ottiene anche l'introspezione e la scomparsa degli ostacoli. 

1.30. Malattia, apatia, dubbio, la mancanza di entusiasmo, la pigrizia, la sensualità, la mente vaga, il non voler capire, l'instabilità - queste distrazioni della mente sono gli ostacoli. 

1.31. Dolore, disperazione, nervosismo, e irregolarità del respiro sono co-esistenti con questi ostacoli. 

1.32. Per rimuovere questi ostacoli deve essere praticata costantemente una sola verità, un unico principio. 

1.33. Coltivando amicizia verso la felicità e la compassione verso la miseria, gioia verso la virtù e l'indifferenza verso il vizio, la mente diviene pura.

1.34. In alternativa, la serenità mentale può anche essere ottenuta attraverso il controllo del respiro (prana). 

1.35. O con attività dei sensi superiori che causano stabilità mentale. 

1.36. Oppure meditando sullo stato di Luce senza dolore. 

1.37. Oppure prendendo come oggetto di meditazione un essere che abbia conseguito il distacco dai desideri. 

1.38. Oppure meditando sulla conoscenza dei sogni e il sonno. 

1.39. Oppure con la meditazione su una qualsiasi cosa a piacere. 

1.40. In questo modo si acquisterà padronanza nell'Unione (Yoga), dalla più piccola particella atomica al più grande infinito. 

1.41. Quando le agitazioni della mente sono sotto controllo, la mente diventa come un cristallo trasparente, e ha il potere di diventare qualsiasi forma gli si presenta. Conoscitore, atto del conoscere, o di ciò che è conosciuto. 

1.42. La condizione argomentativa è una mescolanza confusa della parola, del suo significato proprio, e della conoscenza. 

1.43. Quando la memoria viene purificata e la mente risplende come solo oggetto, viene chiamata non-argomentativa.

1.44. Le spiegazioni fatte per queste condizioni, chiariscono anche i livelli di condizione più elevati, il meditativo e l'ultra-meditativo, ma in questi stati gli oggetti di meditazione sono di gran lunga più sottili. 

1.45. La regione connessa con questi oggetti più sottili termina con la materia pura che non ha alcun schema o segno distintivo. 

1.46. Queste contemplazioni frutto della meditazione su un oggetto sono dette con seme, e non danno libertà dal ciclo della rinascita. 

1.47. Sul raggiungere la purezza dello stato ultrameditativo si ha il sorgere del puro flusso di coscienza spirituale. 

1.48. In ciò si ha la facoltà della saggezza suprema. 

1.49. La saggezza ottenuta negli stati superiori di coscienza è diversa da quella ottenuta per deduzione e testimonianza in quanto si riferisce ad una conoscenza diretta, libera dall'utilizzo dei sensi. 

1.50. Le percezioni che si conseguono negli stati superiori di coscienza trascendono tutte le percezioni del modello abituale di pensiero. 

1.51. Con la soppressione di questo controllo su tutte le altre forme di controllo attraverso la sospensione di tutte le modifiche della mente, la contemplazione senza seme è raggiunta e con essa si è liberi dalla vita e dalla morte.

 Parte 2 - Sadhana: sulle Discipline Spirituali 

2.1. L'austerità, lo studio dei testi sacri, e l'offerta dell'azione a Dio costituisce la disciplina dell'Unione Mistica. 

2.2. Questa disciplina è praticata al fine di acquisire fissità della mente sul Signore, libero da tutte le impurità e le agitazioni, o sulla propria Realtà, e per attenuare le afflizioni. 

2.3. Le cinque afflizioni sono l'ignoranza, l'egoismo, l'attaccamento, l'avversione, e il desiderio di aggrapparsi alla vita. 

2.4. L'ignoranza è il terreno di coltura per tutte le altre, siano esse dormienti o attenuate, in parte superate o pienamente operative. 

2.5. L'ignoranza è prendere il non-eterno per eterno, l'impuro per puro, il male per bene e il non-sé per il Sé. 

2.6. L'egoismo è l'identificazione di colui che sa con gli strumenti della conoscenza. 

2.7. L'attaccamento è quel modello magnetico che attrae verso il piacere e preme una persona verso tale esperienza. 

2.8. L'avversione è quel modello magnetico che attrae verso la miseria e preme una persona verso tale esperienza. 

2.9. Fluente dalla sua propria energia, con sede sia nei saggi che negli stolti, è il desiderio senza fine per la vita.

2.10. Questi modelli se sottili possono essere rimossi attraverso lo sviluppo dei loro contrari. 

2.11. Le loro sofferenze attive sono distrutte dalla meditazione. 

2.12. Le impressioni delle azioni hanno le loro radici nelle sofferenze e nascono come esperienza nel presente e nelle nascite future. 

2.13. Quando la radice esiste, il suo frutto è la nascita, la vita e l'esperienza. 

2.14. Si ha il piacere o il dolore come frutto, a seconda che la causa sia virtù o vizio. 

2.15. Tutto è sofferenza per il saggio a causa dei dolori del cambiamento, dell'ansia, e degli atti di purificazione. 

2.16. Il dolore che non è ancora giunto può essere evitato. 

2.17. La causa dell'evitabile è la sovrapposizione del mondo esterno sul mondo invisibile. 

2.18. Il mondo esperito è costituito dagli elementi e dai sensi in azione. Ha come natura la cognizione, l'attività ed il riposo, ed ha come scopo l'esperienza e la realizzazione. 

2.19. Gli stadi degli attributi che effettuano il mondo esperito sono il definito e l'indefinito, il differenziato e l'indifferenziato. 

2.20. L'Abitante Interiore è solo pura coscienza, che, sebbene pura, vede attraverso la mente ed è identificata dall'ego essendo solo la mente. 

2.21. L'esistenza stessa della cosa vista è in funzione di colui che vede. 

2.22. Anche se la Creazione è percepita come non reale per colui che ha raggiunto l'obiettivo, è ancora vero che la Creazione rimane l'esperienza comune per gli altri. 

2.23. L'associazione di colui che vede con la Creazione è per il distinto riconoscimento del mondo oggettivo, così come per il riconoscimento della natura specifica di colui che vede. 

2.24. La causa di questa associazione è l'ignoranza. 

2.25. La Liberazione del veggente è il risultato della dissociazione di colui che vede con la cosa vista, con la scomparsa dell'ignoranza. 

2.26. La pratica costante della discriminazione è il mezzo per raggiungere la liberazione. 

2.27. La saggezza costante si manifesta in sette tappe. 

2.28. Alla distruzione delle impurità attraverso la pratica costante delle varie parti dell'Unione (Yoga), la luce della conoscenza rivela la facoltà di discriminazione. 

2.29. Le otto parti dell'Unione (Yoga) sono: autocontrollo (yama), osservanze (niyama), postura (asana), controllo del respiro (pranayama), astrazione  (pratyahara), concentrazione (dharana), meditazione (dhyana), realizzazione (samadhi). 

2.30. L'autocontrollo nelle azioni (yama) comprende astensione dalla violenza (ahimsa), dalla falsità (satya), dal rubare (asteya), da impegni sessuali (brahmacharya), e dalla accettazione di doni (aparigraha). 

2.31. Queste cinque astensioni non sono limitati da rango, luogo, tempo o circostanza e costituiscono il Grande Voto. 

2.32. Le osservanze fisse (niyama) sono: pulizia, appagamento, austerità, studio e devozione perseverante a Dio. 

2.33. Quando la mente è disturbata da pensieri impropri, si deve meditare sui loro opposti. 

2.34. Pensieri ed emozioni impropri come la violenza, che sia fatta, provocata a fare, o addirittura approvata, anzi, ogni pensiero originato da desiderio, rabbia o delusione, che sia moderato, medio o intenso provoca dolore e miseria senza fine. Superare tali distrazioni, meditando sugli opposti. 

2.35. Quando uno è fermamente stabile nella nonviolenza, l'ostilità cessa alla sua presenza. 

2.36. Quando uno è fermamente stabile nel dire la verità, i frutti dell'azione diventano sottomessi a lui. 

2.37. Quando si è fermamente stabile nell'onestà, le ricchezze si presentano da sole.

2.38. Quando si è fermamente stabile nella continenza sessuale, si ottiene forza spirituale. 

2.39. Quando si è fermamente stabile nella non possessività, si ottiene la conoscenza dei "come" e "perché" dell'esistenza. 

2.40. Dalla purezza segue il disincanto sul proprio corpo così come la cessazione del desiderio di contatto fisico con gli altri. 

2.41. Come risultato dell'appagamento c'è purezza di mente, concentrazione, controllo dei sensi, e capacità di realizzare il Sé. 

2.42. Con l'appagamento si raggiunge la felicità suprema. 

2.43. Attraverso la santificazione e la rimozione delle impurità, sorgono poteri speciali del corpo e dei sensi. 

2.44. Con lo studio del Sé si ottiene la comunione con il Signore nella forma più contemplata. 

2.45. La realizzazione si sperimenta rendendo Dio il motivo di tutte le azioni. 

2.46. Le posture (asana) devo essere stabili e comode. 

2.47. Rilassandosi senza sforzo, soffermarsi mentalmente sull'infinito con attenzione assoluta. 

2.48. Di conseguenza non vi è alcun disturbo dalle dualità.  

2.49. Quando si ha realizzato questo, il passo successivo è il controllo del respiro cioè delle energie in entrata e in uscita. 

2.50. Il respiro può essere esterno, interno o intermedio, regolato da tempo, luogo o numero, e di durata breve o lunga. 

2.51. Il controllo del respiro che va oltre la sfera di esterno ed interno è il quarto livello, il vitale. 

2.52. In questo modo, ciò che copre la luce viene distrutto. 

2.53. Così la mente diventa adatta alla concentrazione. 

2.54. Quando la mente mantiene la coscienza, non si confonde con i sensi, né con impressioni sensoriali, allora l'auto-consapevolezza fiorisce. 

2.55. In questo modo si ha la completa la padronanza dei sensi.

Parte 3 - Vibhuti: sui Poteri Divini 

3.1. La concentrazione (dharana) è la fermezza della mente. 

3.2. Il mantenimento ininterrotto di tale capacità mentale è meditazione (dhyana). 

3.3. Tale meditazione è realizzazione (samadhi) quando c'è solo coscienza dell'oggetto della meditazione e non della mente. 

3.4. Questi tre (dharana, dhyana e samadhi) quando appaiono insieme, sono auto-controllo (samyama). 

3.5. Padroneggiando tutto questo arriva la saggezza. 

3.6. L'applicazione della padronanza è a vari stadi. 

3.7. Questi tre (dharana, dhyana e samadhi) sono più efficaci delle astensioni. 

3.8. Anche se sono esterni rispetto alla realizzazione senza seme. 

3.9. L'aspetto significativo è l'unione della mente con il momento di assorbimento, quando il pensiero in uscita scompare e l'esperienza di assorbimento appare. 

3.10. Dalla sublimazione di questa unione viene il tranquillo scorrere dell'ininterrotta cognizione unitaria. 

3.11. La trasformazione contemplativa di questo è calma interiore, testimoniando l'ascesa e la distruzione della distrazione, nonché della concentrazione stessa. 

3.12. La mente diventa concentrata in un solo punto quando il calo e l'aumento delle onde-pensiero sono esattamente simili. 

3.13. In questo stato, si passa al di là dei cambiamenti di caratteristiche intrinseche, delle proprietà e delle modifiche condizionali dell'oggetto o del riconoscimento sensoriale. 

3.14. L'oggetto è quello che conserva la caratteristica latente, la caratteristica attiva o la caratteristica non manifesta che stabilisce un'entità come specifica. 

3.15. La successione di questi cambiamenti in tale entità è la causa della sua modifica. 

3.16. Con l'autocontrollo di queste triplici modifiche (di proprietà, carattere e condizione), sorge la conoscenza del passato e del futuro. 

3.17. Il suono di una parola, l'idea dietro la parola e l'oggetto che l'idea indica sono spesso prese come una cosa e possono essere erroneamente scambiate per un'altra. Con l'autocontrollo sulle loro differenze, sorge la comprensione di tutte le lingue di tutte le creature. 

3.18. Con l'autocontrollo sulla percezione delle impressioni mentali sorge la conoscenza delle vite precedenti. 

3.19. Con l'autocontrollo si può conoscere l'immagine presente nella mente altrui. 

3.20. La percezione raggiunta attraverso l'autocontrollo non porta a conoscere i fattori mentali che sostengono l'immagine nella mente degli altri, perché non è oggetto di autocontrollo. 

3.21. Applicando l'autocontrollo alla forma del corpo in modo da interrompere il potere di ricezione, si spezza il contatto tra l'occhio di un osservatore e la luce prodotta dal corpo, e pertanto il corpo diventa invisibile. 

3.22. Questo principio spiega anche la scomparsa del suono. 

3.23. L'azione è di due tipi, dormiente e fruttuosa. Con l'autocontrollo su tale azione, si presagisce il momento della morte. 

3.24. Eseguendo l'autocontrollo sulla amicizia, sorge la forza di concedere la gioia. 

3.25. Con l'autocontrollo su qualsiasi tipo di forza, come quella dell'elefante, si ottiene quella stessa forza. 

3.26. Con l'autocontrollo su ciò che è sottile, nascosto o distante lo yogi ne acquisisce una completa conoscenza. 

3.27. Con l'autocontrollo sul Sole sorge la conoscenza delle specificità dello spazio. 

3.28. Con l'autocontrollo sulla Luna sorge la conoscenza dei cieli. 

3.29. Con autocontrollo sulla Stella Polare sorge la conoscenza delle orbite.

3.30. Dall'autocontrollo sull'ombelico sorge la conoscenza della costituzione del corpo. 

3.31. Con l'autocontrollo sulla cavità della gola si soggioga la fame e la sete. 

3.32. Con l'autocontrollo sul centro nervoso all'interno del torace si acquisisce immobilità assoluta. 

3.33. Con l'autocontrollo sulla luce della corona dei capo si visualizzano gli esseri perfetti. 

3.34. Vi è la conoscenza di ogni cosa dall'intuizione. 

3.35. Praticando l'autocontrollo sul cuore, si ottiene la consapevolezza della natura della mente. 

3.36. L'esperienza sorge a causa dell'incapacità di discernere gli attributi della vitalità dal Sé interiore, anche se sono effettivamente distinti tra loro. L'autocontrollo porta la vera conoscenza del Sé interiore. 

3.37. Questa spontanea illuminazione è causa della percezione intuitiva dell'udito, tatto, vista, gusto e olfatto. 

3.38. Per la mente rivolta verso l'esterno, gli organi sensoriali sono perfezioni, ma sono ostacoli alla realizzazione. 

3.39. Quando i legami della mente causati dalle azioni sono stati allentati, si può entrare nel corpo di un altro essere dalla conoscenza di come funzionano le correnti di energia. 

3.40. Con auto-controllo delle correnti di energia che utilizzano il soffio vitale, si può levitare, camminare sulle acque, paludi, spine, o simili. 

3.41. Con auto-controllo sul mantenimento del respiro, si può irradiare luce. 

3.42. Con l'autocontrollo sulla relazione tra l'organo dell'udito e l'etere, si guadagna un udito soprannaturale. 

3.43. Con l'autocontrollo sulla relazione tra corpo e l'etere, e mantenendo al tempo stesso il pensiero della leggerezza del cotone, si è in grado di attraversare lo spazio. 

3.44. Con l'autocontrollo sulla mente quando è separata dal corpo, lo stato conosciuto come il Grande Transcorporale (mahavideha), tutte le coperture vengono rimosse dalla Luce. 

3.45. La padronanza sugli elementi sorge quando le loro forme grossolane e sottili, così come le loro caratteristiche essenziali, e le caratteristiche intrinseche e le esperienze che producono, sono esaminate nell'autocontrollo. 

3.46. In tal modo si può diventare piccolo come un atomo, oltre ad avere molte altre abilità, come ad esempio la perfezione del corpo, e la non-resistenza al dovere. 

3.47. La perfezione del corpo consiste nella bellezza, grazia, forza e nella compattezza adamantina.

3.48. Con auto-controllo sui cambiamenti che gli organi di senso sopportano quando si contattano gli oggetti, e sul potere del senso di identità, e sull'influenza degli attributi, e sull'esperienza che tutti questi producono, si ottiene la padronanza sui sensi. 

3.49. Da questo proviene la prontezza di mente, l'indipendenza della percezione, e la padronanza sulla materia primordiale. 

3.50. Per chi riconosce il rapporto distintivo tra vitalità e Abitante interiore sorge l'onnipotenza e l'onniscienza. 

3.51. Anche per la distruzione del seme della schiavitù dalla mancanza di desiderio arriva l'assoluta indipendenza o liberazione. 

3.52. Quando si è invitato da esseri invisibili non si deve essere né lusingato né soddisfatto, perché c'è ancora una possibilità di ignoranza che può sorgere. 

3.53. Con l'autocontrollo sui singoli momenti e la loro successione vi è sapienza che proviene dalla consapevolezza. 

3.54. Da qui nasce la capacità di distinguere tra oggetti simili che non possono essere distinti per classe, caratteristica o posizione. 

3.55. L'intuizione, che è l'intera conoscenza discriminante, si riferisce a tutti gli oggetti in ogni momento, ed è senza successione. 

3.56. La Liberazione si ottiene quando c'è eguale purezza tra la vitalità e il Sé interiore. 

20 Parte 4 - Kaivalya: sulle Realizzazioni

4.1. I poteri psichici sorgono alla nascita, dalle droghe, dalla ripetizione di parole sacre, da atti purificatori o dalla meditazione. 

4.2. La trasformazione in un altro stato avviene tramite flusso diretto della natura creativa. 

4.3. La natura creativa non è mossa all'azione da una qualsiasi causa accidentale, ma per la rimozione degli ostacoli, come nel caso di un contadino che rimuove dai sassi il suo campo per fare in modo che l'acqua scorra liberamente. 

4.4. Le menti che sono state create (dallo yogi) sorgono solo dall'egoismo. 

4.5. Essendoci differenza di interessi, una mente è il direttore di molte menti. 

4.6. Di queste, solo la mente nata dalla meditazione è libera dai desideri, dalle impressioni mentali. 

4.7. Le azioni (karma) dello yogi non sono né buone né cattive, mentre quella di tutti gli altri uomini sono di tre tipi: pure, impure e miste. 

4.8. Da esse si procede allo sviluppo delle tendenze che determinano la fruizione delle azioni. 

4.9. A causa delle caratteristiche magnetiche di abituali schemi mentali e della memoria, il rapporto di causa ed effetto si aggrappa anche se ci può essere un cambiamento di realizzazione per classe, spazio e tempo. 

4.10. Il desiderio di vivere è eterno, e le impressioni mentali inducendo un senso di identità sono eterne. 

4.11. Essendo tenuti insieme da causa ed effetto, substrato e oggetto le tendenze stesse scompaiono alla dissoluzione di queste basi. 

4.12. Il passato e il futuro esistono nell'oggetto stesso come forma ed espressione, la differenza sta nelle condizioni di proprietà. 

4.13. Che siano manifesti o non manifesti essi sono della natura degli attributi o qualità (guna: satva, rajas, tamas). 

4.14. Le cose assumono la realtà per l'unità mantenuta in quella modifica. 

4.15. Anche se l'oggetto esterno è lo stesso, vi è una differenza di cognizione che riguarda l'oggetto a causa della differenza di mentalità. 

4.16. E se non vi fosse cognizione di un oggetto noto solo a una singola mente, potrebbe allora esso esistere? Un oggetto non dipende da un'unica mente. 

4.17. Un oggetto è noto oppure è ignoto a seconda che la mente sia "colorata" da esso, oppure no. 

4.18. Le mutazioni di consapevolezza sono sempre note a causa della immutabilità del loro Signore, l'Abitante interiore, il Purusa, o pura consapevolezza che non muta. 

4.19. Né la mente brilla di luce propria, in quanto può essere conosciuta. 

4.20. Non è possibile per la mente essere simultaneamente sia il percepito che colui che percepisce. 

4.21. Nel caso della conoscenza di una mente da parte di un'altra, dovremmo anche assumere cognizione della cognizione, e ci sarebbe confusione di ricordi. 

4.22. La consapevolezza appare alla mente stessa come intelligenza, quando assume quella forma in cui non passa da uno stato all'altro. 

4.23. Viene detto che la mente percepisce quando riflette sia l'abitante (il conoscitore) che gli oggetti della percezione (il conosciuto). 

4.24. Benché variegata da innumerevoli tendenze e desideri, la mente non agisce per sé, ma per gli altri, perché la mente è di sostanza composta. 

4.25. Per uno che vede la distinzione, non vi è alcuna altra confusione della mente con il Sé. 

4.26. Poi la consapevolezza comincia a discriminare, e gravita verso la liberazione. 

4.27. Le distrazioni derivano da schemi abituali di pensiero quando la pratica è intermittente. 

4.28. La rimozione degli schemi abituali di pensiero è simile a quella delle afflizioni già descritte.

4.29 Per chi rimane senza distrazioni anche nei più alti stati di illuminazione sorge la realizzazione della mente equanime conosciuta come "La nube della virtù"  (Dharma Megha). Questo è il risultato del discernimento discriminante. 

4.30. Da ciò segue la libertà dalla causa ed effetto e dalle afflizioni. 

4.31. L'infinità di conoscenze a disposizione di una tale mente libera da tutti gli oscuramenti e proprietà fa sembrare piccolo l'universo della percezione sensoriale. 

4.32. Poi la sequenza dei cambiamenti nei tre attributi (guna) volge al termine, per aver adempiuto la loro funzione. 

4.33. La sequenza di mutazione avviene in ogni secondo, ma è comprensibile solo alla fine di una serie. 

4.34. Quando gli attributi cessano l'associazione di mutazione con consapevolezza, segue il rifondersi dei tre guna nella Natura, e il Sé interiore risplende come pura coscienza. Questo è Kaivalya, la libertà assoluta.

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